Nel corso degli ultimi anni, sul banco degli imputati,oltre ai probabili assassini sono state processate le indagini, mal condotte, superficiali, piene di errori e spesso sostenute da un'acritica fiducia nella prova scientifica.
Oggi c'è la sensazione che l'iter processuale non convince per niente, e i cittadini fanno fatica a comprendere come e perchè sentenze di primo grado vengano ribaltate in Appello, quando poi non arriva la Cassazione a dire che il verdetto raggiunto non vale più, e bisogna rifare tutto.
E' successo a Perugia, per il delitto di Meredith Kercher, potrebbe accadere tra pochi giorni, per la morte di Chiara Poggi a Garlasco: anche se c'è il dubbio che Alberto Stasi torni a essere processato.
Sempre in tempi recenti, abbiamo assistito alla condanna in primo grado di Raniero Busco per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, in via Poma a Roma: un presunto assassino poi assolto in Appello.
E' facile avanzare delle critiche a questo o a quell'aspetto del dipartimento, ben più complesso porre rimedio alla situazione.
Ma, questa cosa non è nuova, però sembra che oggi si presenti con allarmante frequenza.
Certo un processo potrebbe concludersi con molte più certezze che ombre se solo poggiasse su investigazioni meno lacunose.
Non è sempre possibile, soprattutto in quei casi in cui la vittima e il suo carnefice erano legati da una costante frequentazione.
In queste situazioni, trovare delle tracce di un marito, di un fidanzato sul corpo della compagna uccisa ha valore relativo, ma non basta.
Occorrerebbe uno sbarramento precedente, al momento del rinvio a giudizio.
E' a questo punto che bisognerebbe intervenire, obbligando a uno standard più alto di prove a carico prima di innescare l'iter giudiziario.
Negli Stati Uniti sono molto poche le cause che arrivano a processo, perchè nella maggior parte dei casi si raggiunge sempre un'intesa tra pubblica accusa e difesa senza il bisogno di entrare in un'aula di Tribunale.
Si fa presto però a sostenere che fuori dal nostro Paese le cose funzionano meglio.
Perchè dobbiamo ringraziare i giudici del distretto di Miami, Florida, se Chico Forti si trova in carcere da 12 anni, condannato dopo 24 giorni di un processo condotto su delle prove inesistenti e delle testimonianze fasulle.
No comments:
Post a Comment