Monday, April 29, 2013

TUNISIA: GIOVANE SI DA' FUOCO NELLA CITTA' SIMBOLO DELLA PRIMAVERA ARABA

Un giovane disoccupato tunisino è rimasto gravemente ferito, e versa ora in fin di vita, per essersi dato fuoco ieri nel centro di Sidi Bouzid, una delle città simbolo della rivoluzione del 2011, nella Tunisia centro-occidentale.
Slimani Brahim, 23 anni, si è cosparso di benzina prima di immolarsi davanti al municipio cittadino, chiuso per la festività domenicale, fra la sorpresa dei passanti che sono comunque prontamente intervenuti in suo soccorso.
Gravemente ferito, è stato trasferito all'ospedale locale, dove i medici hanno riscontrato ustioni di terzo grado in oltre tre quarti del corpo.
Il giovane pare non abbia pronunciato alcuna parola prima del gesto -hanno riferito testimoni presenti sul luogo dell'accaduto- anche se uno dei suoi familiari ha dichiarato alla AFP che da tempo il loro congiunto andava dicendo di essere "stufo della disoccupazione e della povertà".
Molti sono i casi di suicidio per emulazione che si sono registrati in Tunisia, durante e dopo la rivoluzione del gennaio 2011, il primo dei quali è datato 17 dicembre 2010, quando il venditore ambulante Mohamed Bouazizi si diede fuoco a Sidi Bouzid per protestare contro le vessazioni della polizia e contro la precarietà.
La disoccupazione e la povertà sono stati i principali fattori ed il cuore della rivolta che ha rovesciato il regime di Zine El Abidine Ben Ali.
Purtroppo ancora oggi, nonostante il rovesciamento del regime del Rais, la disoccupazione e la povertà continuano a minare nel profondo la Tunisia, dove i conflitti sociali sono frequenti, sfociando, talvolta, in atti di violenza anche rivolti -come successo nella giornata di ieri- contro sé stessi.
Ladisoccupazione colpisce in questo momento circa 700.000 persone, tra cui 170.000 giovani laureati, mentre ben due dei dieci milioni di persone residenti in Tunisia sono affette da estrema povertà e indigenza.
Tutto ciò nella quasi totale indifferenzain primis- dell'Europa e dell'intera Comunità internazionale.
Ci si chiede: quanti altri Slimani Brahim dovranno immolarsi, prima che qualcuno si decida ad intervenire?
Non dimentichiamoci inoltre che, di fronte a situazioni come queste, il terrorismo di matrice fondamentalista-islamico trova terreno più che fertile davanti a sé.
Sarebbe più che opportuno che chi, come il nostro Paese, rappresenta una testa di ponte fra il mondo mediorientale ed il continente europeo, raccolga il grido d'aiuto che proviene dalla vicina Tunisia e non lo lasci cadere in una colpevole indifferenza.

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