Non stupisce più di tanto anzi, c'era d'aspettarselo, l'invito del Presidente del SenatoPiero Grasso ad una certa parte politica a “moderare” i toni del dibattito politico, dopo i fatti di ieri avvenuti davanti a Montecitorio.
Il neo Presidente Grasso, come fosse stato catapultato da un'altra galassia, si è infatti reso conto solo ieri dello “scollamento, della distanza, che separa le istituzioni dai cittadini”, intravedendo in ciò “una grande incognita, almeno per quanto riguarda il pericolo dell'eversione” e, sceso finalmente su questo pianeta, ha lanciato così il suo monito “bisogna intervenire per interrompere questa caduta”.
Già qui, l'italiano medio che ha avuto la (s)fortuna di vivere in questo Paese almeno negli ultimi due anni e che, nonostante tutto, non si è bevuto completamente il cervello, si pone qualche domanda.
La prima: “scollamento”, “distanza”, “abbassare i toni”, ma di mai chi starà parlando costui?
Sicuramente si riferisce alla casta che ci governa da vent'anni, a quella masnada politicanti che s'insultano l'un con l'altro (per poi andare a braccetto appena sentono odore di governo dell'inciucio) nei teatrini televisivi? Oppure il “monito” è rivolto a chi (Beppe Grillo), di fronte alle macerie di questa democrazia profondamente malata da anni ha chiamato i cittadini italiani ad attivarsi per il “ricambio totale”di una classe dirigente indegna di questo nome e di questo Paese?
Perchè, se fosse corretta la seconda ipotesi, l'intervento di Piero Grassoassumerebbe un ben diverso e certamente più “sinistro” significato, di segno quantomeno illiberale.
Intervistato dal quotidiano torinese “La Stampa”, il Presidente del Senato ha proseguito nella sua analisi dell'episodio avvenuto ieri mattina, che ha macchiato di sangue l'insediamento del governo Letta.
A proposito dei toni del dibattito politico, si spinge ad affermare “Certo che è importante mantenere il controllo sul linguaggio della politica”e -udite, udite- “non solo le armi possono fare male, anche le parole riescono ad esercitare violenza e creare dissidi insanabili, l'esasperazione verbale può finire per avere lo stesso effetto di una folla in tumulto: se parte la scintilla tutto diviene incontrollabile”.
E tutto questo ad indagini ancora aperte, quasi che il Presidente Grasso -dati i suoi trascorsi di pm- avesse già deciso chi portare sul banco degli imputati, in qualità di mandante dell'episodio criminale.
Una seconda domanda, sorge a questo punto spontanea al cittadino italiano medio: se Grassoera un inquirente così bravo, come mai ha deciso di lasciare la Direzione Distrettuale Antimafia ove, sicuramente, avrebbe reso un servigio ben più utile alle istituzioni repubblicane che non quello di “scaldare” la poltrona di Palazzo Madama, in precedenza occupata dal suo conterraneo Schifani?
Se fosse rimasto al suo posto, forse ci avrebbe risparmiato di ascoltare anche queste altre dichiarazioni “c'è un'opposizione utile, quella costruttiva che si svolge nelle sedi istituzionali, invece che l'esercizio di parole adatte più a demolire che a costruire”.
Verso chi punta il dito il Presidente Grasso e, allo stesso modo, di chi vuole prendere invece le difese?
Questi suoi maldestri e goffi interventi lo dobbiamo dire -seppur a malincuore- ci rimandano con la mente a quanto disse di lui l'allora dirigente della squadra di calcio palermitana nella quale militava da ragazzino “Io non riesco a capire come faccia quel ragazzo ad uscire dal campo con la maglietta sempre completamente pulita, anche quando si gioca nel fango e sotto la pioggia”.
Non se ne abbia a male il Presidente del Senato, ma quel dirigente –pur “misurando” le parole- si chiamava Marcello Dell'Utri.
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