E' quanto di più alieno e lontano da ciò che la maggioranza degli elettori del PD avrebbe mai lontanamente potuto immaginare, eppure, questa mattina il governo dell'Inciucio -con a capo Enrico Letta- giurerà nelle mani del “suo” Presidente della Repubblica.
Giorgio Napolitano questa volta non si è limitato, infatti, a conferire solamente l'incarico per la formazione di un governo, anzi: nell'ultimo mese del suo primo mandato ha preparato il terreno con i 10 saggi, subito dopo la sua rielezione ha strigliato pesantemente PD e PDL affinchè cogliessero l'ultima occasione di cooperare al mantenimento dello status quoistituzionale, da difendere a tutti i costi di fronte ad una piazza sempre più intollerante.
Con queste premesse non è certo un eufemismo definirlo fin da subito un “governo fragile”, appoggiato a destra sulle spalle instabili di Silvio Berlusconi e, a sinistra, sui fianchi di un Partito Democratico sempre più sfilacciato.
Non ancora nato, il governo Letta ha già dovuto incassare l'ingiunzione di sfratto da parte di Nichi Vendola e del Movimento 5 Stelle.
Anche Berlusconi che pur ha deciso di appoggiarlo, non sarebbe in realtà convintissimo.
Il Cavaliere è e rimane per tutti una vera “anomalia” che dura ormai da vent'anni: messo sotto assedio da Tribunali e Procure, potrebbe addirittura decidere di far cadere il governo.
Napolitano e Letta -ovvero il mandante e l'esecutore- di questo governo lo sanno bene: solo se riusciranno ad imporre un cammino più che spedito a questa legislatura, centrando al primo colpo gli obiettivi delle riforme istituzionali, della legge elettorale, del finanziamento ai partiti e della riduzione del numero dei parlamentari, potranno sperare quantomeno di stare in piedi.
Nel frattempo, il PD potrebbe non reggere, malgrado esponenti solitamente critici quali Pippo Civati oggi abbiano sorprendentemente concesso attestati di fiducia alla formazione del governo.
Ma, se si rivelassero nella prassi governativa di questa sbilenca maggioranza contraddizioni difficilmente sanabili, potrebbe accrescersi l'interesse del Cavaliere per un ritorno alle urne.
Alcune fonti a lui vicine riferiscono che sarebbe addirittura elettrizzato dall'idea di una sfida plebiscitaria con Grillo: come comico è convinto d'essere il migliore fra i due.
L'unico deterrente di cui può disporre,oggi, il governo Letta è sicuramente dato dalla più che pienezza dei poteri del Presidente Napolitano: di fronte a PD e PDL, può agitare minacciosamente lo spettro dello scioglimento delle Camere o quello delle sue dimissioni.
Il primo può essere usato contro le tentazioni destabilizzanti del PD, che non può permettersi in alcun modo un ritorno alle urne che potrebbe dimostrarsi veramente disastroso, il secondo può essere sventolato sotto il naso di Berlusconi.
Qualora Napolitano si dimettesse, infatti, questo Parlamento sarebbe chiamato ad eleggere un nuovo Capo dello Stato: e c'è da starne certi che, stavolta, non sarebbe un'elezione condivisa, con scarse possibilità che al Quirinale posa insediarsi una figura di garanzia gradita anche al PDL e a Berlusconi.
Comunque la si voglia vedere, una cosa è certa: quello che giurerà nelle mani del Presidente sarà -nei fatti- un governo fragile.
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