Il problema dei rifiuti, e in generale di tutto ciò che va buttato, è uno tra i più immediati e pressanti della nostra civiltà consumistica, dove la cultura dello "usa e getta" ha avuto come risultato quello di creare una quantità tale di oggetti da buttare al punto che non si sa più come smaltirli, o dove metterli.
Una tipologia di rifiuti a cui non si pensa spesso, ma che non è certo inferiore per quantità o per pericolosità alle altre, è quella dei rifiuti elettronici: vale a dire i cellulari, i televisori o i computer che, una volta che si sono guastati, "conviene" maggiormente gettare via piuttosto che tentare di aggiustarli. Il risultato di questo è che, considerando che in media un accessorio multimediale ha una vita di uno-due anni o poco più, il cumulo di spazzatura informatica cresce a dismisura ogni minuto che passa.
Ma è davvero così? Davvero non vale la pena di tentare di aggiustare ciò che si è rotto, è veramente più conveniente comprare un oggetto nuovo piuttosto che riparare quello vecchio?
Questo è quello che in linea di massima ci viene fatto credere, ma ci sono esperienze che dimostrano invece l'esatto contrario.
In Inghilterra, Ugo Vallauri e Janet Hunter, rispettivamente italiano ed anglo-americana, sono due esperti in comunicazione che hanno deciso di porre un freno al consumismo sfrenato, cercando di seguire l'esempio che arriva dall'Africa. In sostanza, affermano che è possibile, eccome, riparare pc e telefoni cellulari, basta avere un personale qualificato e competente a disposizione. Ed è esattamente questo è il servizio che loro, e il loro team di tecnici, offrono al cittadino, e il bello è che è tutto gratuito.
Questo progetto è stato chiamato "Restart Project" e si realizza nei cosiddetti "restart parties": cioè "feste", in cui gli utenti e gli esperti si incontrano, per lo più in luoghi pubblici come biblioteche o centri sociali.
Vallauri spiega questa idea proprio dalla sua esperienza africana: più precisamente a Nairobi, in Kenia, conoscendo un uomo che per mestiere riparava telefoni cellulari, ha capito che è la cultura occidentale a vedere tutto in termini consumistici; ma è anche convinto che sia necessario un cambiamento di rotta, per poter sanare le profonde ferite che il pianeta sta subendo.
E piano piano, questa nuova idea di poter riparare ciò che era considerato da buttare sta prendendo piede anche in Europa: speriamo che sia solo il primo passo per una civiltà più sostenibile, che riprenda il contatto reale con le cose e con il loro valore.
No comments:
Post a Comment